Design Management

Un viaggio oltre l’orizzonte: conversazione con Giada Franceschini

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Come l’intelligenza artificiale sta trasformando il design organizzativo e la leadership: intervista a Giada Franceschini.

 
In un mondo del lavoro in continua trasformazione, le competenze manageriali nel design si intrecciano sempre più con le sfide dell’innovazione tecnologica, della sostenibilità e della leadership inclusiva. In questo nuovo format a cura di Francesca Gollo, Coordinatrice del Master RUFA in Design Management, diamo spazio al racconto e all’esperienza di professioniste che stanno ridefinendo il ruolo del design nelle organizzazioni contemporanee.
Un ciclo di conversazioni che nasce per ispirare, connettere e costruire una visione più ampia e consapevole del management creativo.

In questo primo appuntamento, Francesca Gollo dialoga con Giada Franceschini, esperta di intelligenza artificiale applicata al business design, fondatrice di Parla AI e Boosha AI. Un confronto profondo e visionario sull’AI, tra modelli organizzativi, sostenibilità e nuove responsabilità sociali.
 

Design, AI e futuro: un dialogo con Giada Franceschini

 
Giada Franceschini è CEO&co-founder di Parla AI e AI Solutions Architect&co-founder di Boosha AI. Attualmente guida progetti di implementazione AI che combinano innovazione tecnologica con un approccio incentrato sulle persone, valorizzando le competenze umane anziché sostituirle.
Si distingue per la capacità di trasformare concetti tecnologici complessi in soluzioni pratiche e accessibili, avendo erogato oltre 200 sessioni formative sull’intelligenza artificiale solo nell’ultimo anno.
Docente presso IED, Uninettuno e Ninja Business School, è stata recentemente invitata al DevDay di OpenAI a Londra e al TED AI a San Francisco, confermando il suo ruolo di riferimento nel panorama dell’AI in Italia.
Il suo approccio all’innovazione tecnologica è profondamente human-centric: ogni soluzione sviluppata parte dalla comprensione delle persone che la utilizzeranno, delle loro esigenze e del contesto in cui operano. Attraverso Boosha AI e Parla AI, sta dimostrando che l’innovazione tecnologica può essere sia accessibile che sostenibile, rappresentando un nuovo modello di leadership che combina eccellenza tecnica, visione imprenditoriale e responsabilità sociale.

 
Francesca: Ciao Giada, sei appena tornata da un viaggio di 4 mesi intorno al mondo. Perché questa scelta e cosa ti ha lasciato?

Giada: Ho sempre creduto che le esperienze plasmino il nostro modo di pensare più di qualsiasi libro o corso. Questo viaggio è nato da una semplice domanda: come posso ampliare la mia prospettiva? Ho visitato luoghi incredibili, da Rio de Janeiro a Ushuaia a Sydney, dalla Polinesia francese al Sud Africa.

La vera sfida è stata mantenere l’operatività professionale mentre attraversavo continenti diversi. Vivevo in due dimensioni parallele: il mio microcosmo lavorativo quotidiano e l’immensità delle culture che incontravo.
Quello che porto a casa è quanto le cose veramente importanti nella vita siano quelle umane e relazionali. Vedere culture così diverse ma trovare elementi che ci accomunano tutti mi ha dato una nuova prospettiva sul mio lavoro. L’innovazione tecnologica ha senso solo se migliora la connessione umana, non se la sostituisce.

Francesca. Puoi raccontarci la tua professione?

Giada: Mi occupo di intelligenza artificiale con un approccio molto pratico. Vengo da un background ibrido: ho studiato informatica per il management all’Università di Bologna ma poi ho seguito un percorso non convenzionale, passando dal marketing e growth hacking fino all’implementazione di soluzioni AI per le aziende.
La mia “forza” è sempre stata quella di vedere l’AI non come un fine ma come un mezzo per risolvere problemi concreti. Durante le mie esperienze lavorative precedenti utilizzavo algoritmi di machine learning per ottimizzare campagne marketing senza che nessuno me lo chiedesse – semplicemente perché era il modo più efficiente per ottenere risultati.
Nel 2024 ho deciso di concentrarmi completamente sull’intelligenza artificiale, perché ho visto un gap enorme tra il potenziale di queste tecnologie e la loro effettiva implementazione nelle aziende italiane. La mia missione è rendere l’AI accessibile, comprensibile e utile anche per chi non ha un background tecnico.

F. In questi anni quindi ti sarà capitato di affiancare tante aziende in questa nuova transizione. Oggi l’intelligenza artificiale sta trasformando sempre più il modo in cui le organizzazioni operano e si strutturano. Qual è, secondo te, il ruolo attuale dell’AI nel design dei modelli organizzativi e nei processi di management?

G.: Quello che sto osservando sul campo è un passaggio fondamentale: dall’ottimizzazione dei singoli processi al ripensamento completo delle strutture organizzative.
L’AI non è più solo uno strumento tattico ma un elemento strategico che influenza il design organizzativo. Le aziende più lungimiranti la stanno utilizzando non solo per automatizzare processi ma per creare nuovi modelli di lavoro che amplificano le capacità umane.
Un aspetto interessante è come l’AI stia appiattendo le gerarchie tradizionali. I team cross-funzionali, supportati da strumenti di intelligenza artificiale, stanno diventando più autonomi e in grado di prendere decisioni basate su dati concreti, senza dover sempre risalire la catena di comando.
La vera rivoluzione però la vedo nell’area decisionale: l’AI offre insight che prima richiedevano giorni di analisi, permettendo ai manager di concentrarsi sulle decisioni strategiche piuttosto che sull’elaborazione dei dati. Questo sta trasformando il ruolo del management da controllore a enabler, da supervisore a mentore.

F. Puoi raccontarci qualche esempio concreto di come l’AI viene utilizzata per supportare il design organizzativo o la gestione strategica delle imprese?

G. Recentemente ho affiancato un’azienda manifatturiera italiana che ha implementato un sistema di AI per la gestione della supply chain. Il risultato più sorprendente non è stato il 27% di riduzione dei costi operativi, ma come questo abbia completamente trasformato i ruoli all’interno dell’organizzazione.
I manager che prima passavano il 60% del loro tempo analizzando report e gestendo emergenze, ora dedicano oltre il 70% alla pianificazione strategica e all’innovazione. Il middle management si è evoluto da controllore a facilitatore, mentre i team operativi hanno acquisito maggiore autonomia decisionale grazie ai dashboard predittivi.
Un altro esempio viene da un’azienda del settore moda che ha implementato un sistema di AI per l’analisi delle tendenze e la pianificazione delle collezioni. Questo ha portato a una ristrutturazione completa del processo creativo: i designer non lavorano più in isolamento per poi sottoporre le loro idee al marketing, ma collaborano in tempo reale con i dati di mercato, creando un processo molto più fluido e integrato.
In entrambi i casi, l’AI non ha sostituito persone, ma ha cambiato profondamente il modo in cui lavorano insieme, creando strutture più orizzontali e collaborative.

 

 

F. Tra le voci più critiche sul’AI, molte mettono in evidenza l’impatto ambientale anche per mantenere i server.

G. È una critica assolutamente fondata che merita attenzione. L’addestramento di un modello linguistico di grandi dimensioni può consumare energia equivalente a quella di cinque automobili durante il loro intero ciclo di vita. Non possiamo ignorare questo aspetto.
La buona notizia è che stiamo assistendo a progressi significativi nell’efficienza energetica dei modelli AI. Le nuove architetture richiedono meno potenza di calcolo per ottenere risultati migliori rispetto ai loro predecessori. Inoltre, molte aziende tech stanno investendo in energia rinnovabile per alimentare i loro data center.
Quello che trovo particolarmente interessante è l’emergere di un approccio che chiamo «AI sostenibile», dove l’efficienza non è solo una questione tecnica ma anche etica. Si tratta di scegliere il modello AI appropriato per ogni specifico compito, invece di utilizzare sempre il più potente disponibile.
In futuro mi auguro di vedere sempre di più data center che utilizzino raffreddamento naturale e energia solare, dimostrando che è possibile coniugare innovazione e sostenibilità. Credo che questa sia la direzione in cui dobbiamo andare: innovazione responsabile che consideri l’impatto ambientale come un fattore cruciale nelle decisioni tecnologiche.

F. Guardando al futuro, quali strategie dovrebbero adottare le aziende per integrare l’AI nei processi di design organizzativo in modo efficace e sostenibile?»

G. Le aziende che vogliono integrare efficacemente l’AI nei loro processi di design organizzativo dovrebbero seguire un approccio da «maratoneta» non sta «sprinter».
Come nella preparazione di una maratona, non si affrontano i 42 km tutti insieme. Si procede un chilometro alla volta, misurando costantemente i risultati e aggiustando la rotta. Nelle mie due maratone del 2018 e 2019, quando arrivavo esausta al 30° km, mi dicevo: «Ne mancano solo 10, quante volte hai già corso 10 km?» Questo approccio alla scomposizione dei problemi complessi è fondamentale anche nell’implementazione dell’AI.
Concretamente, suggerisco queste strategie:

1 – Iniziare con una visione chiara ma implementazione incrementale: Definire dove si vuole arrivare ma procedere per fasi misurabili, con obiettivi specifici per ogni stadio.
2 – Adottare un approccio human-centric: L’AI deve potenziare le capacità umane, non sostituirle. Il focus deve essere sul valore che le persone possono aggiungere una volta liberate dai compiti ripetitivi.
3 – Investire nella formazione continua: Rendere i team consapevoli di come queste tecnologie funzionano è fondamentale per un utilizzo efficace e responsabile.
4 – Creare spazi di sperimentazione sicuri: Permettere ai team di testare e sbagliare con l’AI in ambienti controllati prima di implementarla su larga scala.
5 – Misurare ciò che conta veramente: Non solo l’efficienza operativa ma anche l’impatto sulla soddisfazione dei dipendenti, sull’innovazione e sulla cultura aziendale.

F. Quali sono le principali sfide etiche, organizzative e culturali che i manager e i designer dovranno affrontare nell’utilizzare l’intelligenza artificiale per innovare la struttura e l’identità delle imprese?

G. La sfida etica più rilevante che vedo emergere riguarda l’allineamento dei valori e la trasparenza. I modelli di AI riflettono inevitabilmente i valori di chi li ha progettati e addestrati. Quando un’organizzazione implementa questi sistemi, sta implicitamente adottando anche questi valori.
Sul fronte organizzativo, la sfida principale è evitare sia l’eccessivo ottimismo che il rifiuto totale. Ho incontrato manager che pensavano che l’AI avrebbe risolto magicamente tutti i loro problemi, e altri che la vedevano come una minaccia da evitare. La realtà è nel mezzo: è uno strumento potente che richiede una strategia chiara e una comprensione profonda.

Dal punto di vista culturale, vedo due sfide interconnesse. La prima è la «sindrome dell’impostore» tecnologica – persone che si sentono inadeguate di fronte a queste nuove tecnologie. L’ho vissuta personalmente all’università, vedendo colleghi risolvere in minuti problemi su cui io passavo giorni. La seconda è la resistenza al cambiamento, spesso mascherata da preoccupazioni sulla sicurezza o sull’affidabilità.
In tutte le mie docenze, sottolineo sempre che l’obiettivo non è far cambiare idea a nessuno, ma fornire strumenti per una valutazione consapevole e sviluppare un pensiero critico. Non importa se sei favorevole o contrario all’AI, l’importante è che la tua posizione sia basata su una comprensione reale e non su paure o hype.
Il mio approccio alla maratona mi ha insegnato a vedere gli ostacoli come opportunità. Lo stesso vale per l’AI: le sfide etiche che ci pone sono in realtà opportunità per definire chi vogliamo essere come organizzazioni e come società.

 

Quella con Giada Franceschini è solo la prima di una serie di conversazioni con donne che, attraverso il design management, stanno contribuendo a trasformare il modo in cui pensiamo le organizzazioni, la tecnologia e la leadership.
Uno spazio di confronto aperto e multidisciplinare, che continueremo a coltivare per dare voce a esperienze diverse e visioni coraggiose.
Prossimamente, nuovi incontri con professioniste che stanno scrivendo il futuro del settore.

 
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