Fashion design sostenibile

Intervista a Luca Sburlati, CEO di Pattern.

Primo appuntamento del format “Fashion & Sustainability – Let’s Talk”.
Guenda Cermel, coordinatrice del corso in Sustainabale Fashion Design, ha avuto l’opportunità di confrontarsi con Luca Sburlati, CEO del Gruppo Pattern SPA.

 
Il Gruppo Pattern è oggi composto da cinque aziende italiane attive nella progettazione, ingegneria, sviluppo, prototipazione e produzione dei più importanti brand del fashion luxury internazionale, con una presenza su 4 segmenti chiave: Donna, Uomo, Maglieria, e Pelle, che permette al Gruppo di gestire internamente anche la realizzazione di capi ibridi, che includono materiali e lavorazioni diversi.

Pattern investe nella ricerca e sviluppo di tutte le fasi del processo progettuale e produttivo con l’uso dei software CAD 3D nella modellistica, l’implementazione del magazzino digitale, e lo sviluppo della tecnologia blockchain e RFID.

La modellistica è il cuore di Pattern. Esiste o esisterà mai una modellistica sostenibile? Se si, è un tema di design, di processi, o altro?

Esiste già una modellistica sostenibile dove i processi sono a supporto di un uso contenuto dei materiali e dove la digitalizzazione, in particolare il 3D prototyping, sta rivoluzionando il modo di progettare e prototipare. Questa rivoluzione impatta e impatterà ancor di più la fase industriale, dove si possono ottimizzare in modo radicale i consumi attraverso piazzamenti molto più sofisticati, ma anche stampare esclusivamente le parti di tessuto strettamente necessarie. Parliamo di ottimizzazione di consumi anche del 35-40%, e soprattutto di sfidi da taglio quasi azzerati.

Avete lanciato il progetto “from Red to Green Carpet”, quali devono essere le caratteristiche base del fashion design sostenibile e quali le competenze di un designer orientato alla sostenibilità?

Se vogliamo passare da un concetto di “sostenibilità” a uno molto più lungimirante di “circolarità”, la vera sfida è avere designer che abbiano una sensibilità estrema nella scelta dei materiali e nei modi di progettare, e che qualsiasi elemento che compone il capo venga pensato in ottica di riuso, ripristino, seconda vita, riciclo. Ecco, questa è la vera sfida della filiera della moda, e il criterio con cui da anni cerchiamo di misurare e orientare le scelte della nostra azienda. Questo progetto lo abbiamo chiamato “from red to green carpet”, ed è alla base di ogni nostra scelta di business ormai da 10 anni.

Pattern gestisce internamente una trasversalità di lavorazioni, incluse quelle su capi ibridi, composti da diversi materiali. Come prevedete impatteranno le esigenze di riciclo su questo tipo di design?

L’ibridazione è un processo in corso in molte industry, nel lusso certamente sta progredendo ogni stagione, e la tecnologia certamente aiuta. Ci renderemo conto che alcune categorie di prodotto hanno effettivamente meno scarti, penso ad esempio alla maglieria whole-garment. Da ora in poi chi disegna i capi deve già pensare a come i diversi materiali saranno separati per dar loro una seconda vita. Per fare circolarità, si parte dagli stilisti.

Pattern investe continuamente nella ricerca a supporto del processo progettuale ed esecutivo, tra cui la tecnologia block chain. Quanto è efficace questo metodo in termini di sostenibilità?

Essere sostenibili vuol dire misurarsi costantemente e tracciare ciò che si fa ogni giorno, e sviluppare i progetti di miglioramento. Noi pensiamo che per essere trasparenti e monitorare in modo “certificato” tutto questo, la blockchain sia una delle metodologie migliori. Sicuramente un modo inattaccabile per capire come, dove, da chi, quando, e in quale qualità sono stati prodotti i capi. Partendo dal monte e fino a valle del processo produttivo. Abbiamo sviluppato dei modelli operativi di block chain per testare le soluzioni sia su capi finali, sia su test per il riciclo dei materiali di taglio scartati. Abbiamo quindi seguito tutte le fasi, fino alla produzione, con questi tagli di nuovi tessuti per nuovi usi. Un’esperienza di test che oggi possiamo proporre ai nostri clienti in modo ormai “operativo”.

Pattern dal 2016 pubblica il proprio bilancio sostenibile e ha individuato 4 dei 17 obiettivi di sviluppo da perseguire per raggiungere la “2030 Agenda for Sustainable Development”. In quest’ottica qual è secondo voi l’impatto del fashion design sostenibile?

È dal 2015 che emettiamo un bilancio di sostenibilità secondo i principi internazionali GRI, e pur essendo una media impresa cerchiamo di ragionare come ragionano le grandi imprese eccellenti, cioè anticipando quanto accadrà e lavorando con le nostre persone affinché in qualsiasi scelta, anche la più piccola, i temi ESG siano prioritari. Siamo una delle pochissime aziende italiane, non solo nel settore moda, che ha ottenuto un rating ESG internazionale dal CDP (Carbon Disclosure Project). I 17 SDG’s sono un buon modo per spiegare e scegliere da dove iniziare questo percorso, e lo sono stati anche per noi. Ricordiamoci sempre che la sostenibilità per un’azienda deve essere anche economica, questo per poter investire sulle persone e sulla loro formazione, che sono la chiave del nostro business, e sull’innovare i processi e i prodotti in modo virtuoso.

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